Come con il più appassionato dei fidanzati, ho momenti in cui questo blog lo odio, perchè non mi sento all’altezza: vorrei dedicargli tutte le attenzioni che si merita, ma non ce la faccio e allora penso che sarebbe più felice con qualcun’altra, e che sia meglio lasciarlo andare via, per la sua strada; libero dai confini angusti in cui lo relegano i miei poveri mezzi.
Sto delirando?
Ok, la smetto.
Siamo arrivati alla settimana numero 7: ancora meno di un mese e sarà finita l’avventura di Wor(l)ds. Mi manca già, se ci penso, proprio adesso che in quelle 900 battute cominciavo a sentirmi come a casa…
(poi un giorno dirò diffusamente di tutto quello che questa esperienza mi ha insegnato, e vi assicuro: è ben più di quanto osassi immaginare!)
#7
Mi vestiva con gonne a palloncino e graziosi cappellini ed io varcavo la soglia delle Medie, come il condannato il patibolo, tradendo ad ogni passo l’idea di me che volevo per futura memoria.
Ascoltavo musica rock sparata nelle orecchie, mentre lei correva a spegnere la tv, lo stereo, l’autoradio che neanche glieli stessero strappando, quei timpani.
Mi ha condannata a credere che nell’intelletto risiedesse la chiave per il successo, mentre erano le mani che avrei dovuto imparare ad usare.
Non prende l’aereo, ma neanche in macchina si trova un granché; io guiderei per ore, specie di notte, ma anche in aereo mi va bene: basta andare.
Ama i gialli, ed io preferisco i noir.
Io e lei siamo sempre state come il sole e la luna, il bianco e il nero, il silenzio ed il frastuono.
Sembra impossibile che siamo state una cosa sola.
Chissà se mi immaginava così, quando non c’ero ancora.
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